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San Albino e il suo destino
Giuseppe Pizzi


Pur non sapendolo, ognuno dei 120.000 cittadini monzesi è un micro-proprietario terriero, è per metà suo uno qualsiasi dei 60.000 metri quadrati del fondo di proprietà del Comune in località San Albino. Ancora per poco purtroppo, perché il Comune è senza soldi ed ha intenzione di trovarli proprio a San Albino con una operazione immobiliare in due tappe, prima incrementare il valore del fondo variandone la destinazione d'uso da agricola a residenziale - commerciale - industriale, poi venderlo al miglior offerente.

L'operazione suscita però molti interrogativi e si espone a critiche fondate.

In primo luogo viene da chiedersi che cosa abbia provocato l'emergenza finanziaria che la nostra civica Amministrazione si trova a fronteggiare. Sembra che si tratti di rimediare all'abolizione dell'ICI sulle abitazioni di fascia medio-alta. Se è vero, e tutto lascia pensare che sia vero, adesso abbiamo l'evidenza di dove portano le pseudo-riforme dei sedicenti riformisti di oggi, gli stessi che ieri erano reazionari. Per sgravare gli italiani abbienti da una tassa odiosa (come se le altre fossero gradevoli) finiscono per penalizzare i loro comuni, come dire la generalità dei cittadini italiani, inclusi anche quelli che la casa non ce l'hanno. In America il presidente Obama, che è un riformista vero, ha chiarito che lui la pensa proprio al contrario e ha deciso chi più ha più paga. 

Il secondo interrogativo riguarda gli obiettivi della vendita. Se fra questi rientra il progettato acquisto di un edificio in centro, prossimo al Palazzo Comunale, se cioè il Comune abbandona un terreno per entrare in un palazzo, la logica dell'operazione sfugge al comune cittadino, abituato a pensare che le permute immobiliari di tipo speculativo non rientrano nelle funzioni proprie di una pubblica Amministrazione (queste cose meglio lasciarle fare a Gabetti o a Pirelli RE, che è il loro mestiere).

Ma la questione più sconcertante non è la vendita del terreno (non c'è niente di male nel privatizzare un bene pubblico), è il suo cambio di destinazione d'uso. Che l'Amministrazione comunale abbia il diritto e anche il dovere di decidere l'uso del suolo, pubblico o privato che sia, nessuno lo disconosce, sempre che questo diritto lo eserciti e questo dovere lo assolva sulla base di considerazioni e finalità che prescindono dalla proprietà. Le stesse ragioni per le quali il terreno di San Albino è agricolo oggi che è del Comune, dovrebbero continuare a valere domani quando sarà di un privato, dovrebbe essere la sua “natura” a farne un campo di patate e granturco, non chi lo possiede. Ma destino vuole che il suo attuale proprietario, intenzionato a venderlo a un prezzo che nessun compratore, ammesso di trovarne uno, troverebbe congruo per un campo di patate, sia il Comune di Monza, l'unico proprietario che ha anche il potere di “snaturarlo”. Con una variazione di destinazione d'uso, gli cambia il colore sulla mappa e quel terreno smette di essere un campo di patate, diventa un sito residenziale - commerciale - industriale. Il suo valore decuplica, i compratori si fanno sotto, e l'Amministrazione incassa. 
Elementare, Watson, verrebbe da dire se solo si potesse ignorare che siamo di fronte a un caso conclamato di conflitto di interessi, che con questo gioco di prestigio il Comune piega al suo interesse di proprietario l'uso di una porzione di territorio che invece, come Amministratore della città, dovrebbe classificare solo in funzione delle esigenze e delle convenienze presenti e future dei suoi amministrati.
E l'accondiscendenza che il Comune riserva a se stesso, come si concilia con il rigore dimostrato nei confronti di altri? Sarà capace in un prossimo futuro di ripristinare nel rapporto con i suoi amministrati la correttezza di comportamenti da cui ha derogato a proprio vantaggio? E in particolare, se il cambio di destinazione d'uso si può fare su un lato del Viale delle Industrie, si potrà continuare a vietarlo sull'altro lato, là dove si estendono i vasti prati della Cascinazza?

Giuseppe Pizzi

Ennio Morlotti, Il campo di granturco (1992) Ennio Morlotti, Il campo di granturco (1992)


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  4 marzo 2009